DUCATI ST2 di STefano

Prima di leggere questo articolo è bene puntualizzare due cose: primo chi scrive, da buon appassionato Ducati fino all’osso, potrebbe anche avere esagerato nell’esaltare le doti di questa nuova fantastica creatura bolognese; secondo prima di esprimere qualsiasi giudizio al riguardo recatevi di persona dal più vicino concessionario a vederla dal vero, perché le foto non le rendono affatto giustizia. Anch’io prima di toccarla con mano l’avevo accolta un pochino freddamente, ma ho dovuto poi ricredermi. Inoltre, la dicitura ST (Sport - Turismo) potrebbe far pensare ad una pacifica turistica forse goffa e maestosa, ma non è così: più che altro la nuova Ducati è una sportiva che nella vita di tutti i giorni o nelle lunghe sgroppate su strada, non costringe a sopportare la compagnia di vibrazioni e rumorini vari o una posizione esageratamente sportiva come può accadere con la 996 (...ma un vero appassionato sopporterebbe questo e altro...). L’anima sportiva prevale cioè su quella turistica come testimoniano, sotto un’imponente e sobria carenatura, ciclistica e propulsore. Quest’ultimo è il glorioso e pluricollaudato “pompone”, per l’occasione portato da 904 a 944 cc (grazie ad un nuovo alesaggio di 94 mm), dotato di maggior rapporto di compressione, diverso diagramma di distribuzione, e di iniezione elettronica. Ma soprattutto nei cilindri viene fatto circolare del liquido refrigerante, invece del lubrificante, con conseguente miglioramento del raffreddamento degli stessi. La cura ricostituente ha fruttato il guadagno di circa 8 cavalli anche se ad un regime più elevato rispetto al fratello minore (8500 contro 7250 giri/minuto), ma soprattutto ha amplificato la già generosa coppia in maniera sostanziosa. Ciò in omaggio alle velleità turistiche o a quelle sportive? Dipende dai punti di vista...anche se io propenderei per le seconde. Infatti l’impressione è stata quella di un motore ancora più grintoso e propenso all’allungo di un 904 (quello della 900 SS) tanto che più volte nel corso della prova la fantasia cercava di immaginare quella motorizzazione installata su una macchina marcatamente più sportiva. La giusta cornice è un telaio sostanzialmente identico a quello della Monster e 888, con nuove quote ciclistiche, mentre sospensioni e freni, pur ulteriormente migliorati e con qualche novità, sono della famiglia di quelli delle altre moto bolognesi, dunque di ottima qualità: se il comportamento dei pur modulabili freni è nella norma, quello delle sospensioni è semplicemente stupefacente, così che anche sul pavè sembra di camminare su un biliardo. La dotazione e le finiture della moto sono ben al di sopra dello standard Ducati: tuttavia in alcuni accoppiamenti rimane quell’aria di artigianalità e “fatto a mano” che piace tanto all’appassionato e meno all’utente “giapponesizzato”.  Ottima la protezione aerodinamica anche a velocità sostenuta: data la calura del giorno della prova (32°C)  il sottoscritto portava solo una maglietta e un casco jet, ma non ha mai accusato fastidio a causa del vento di corsa. Guardando all’utente “non Ducatista” vanno però mossi alcuni appunti: 1) la pur completa e precisa strumentazione nei regimi critici di vibrazione risulta purtroppo illeggibile; 2) se da un lato il cavalletto centrale è sicuro e di semplice azionamento, la stampella laterale comunica una sensazione di insicurezza totale; 3) la levetta del cambio (di derivazione 916) è decisamente lillipuziana in confronto al complesso; 4) il prezzo della moto (20.000.000) sommato a particolari come i precedenti incoraggia all’acquisto di altri modelli. Questo per chi non ha le “rosse” nel sangue (o le “grigie” in questo caso particolare): per parte mia posso dire che tutti i difetti della moto sono di scarsa rilevanza rapportati alle sensazioni che sa dare in ogni situazione. Forse l’unico grosso difetto della ST2 allora è quello di volersi spacciare per granturismo, nascondendo l’anima di pura sportiva sotto una carenatura forse poco originale e troppo coprente: oppure l’intenzione è quella di proporsi quale macchina bivalente, (come testimoniano gli scarichi posizionabili a diversa altezza, a seconda della presenza delle valigie), essenzialmente come un condensato di esclusività, sportività e fascino, ma anche praticità nell’uso quotidiano.

 

NOTA: questa prova è stata redatta nel 1997 alla presentazione della moto. Sul modello attualmente in vendita sono stati risolti tutti i problemi relativi alla stampella laterale e alla leva del cambio, mentre il prezzo (purtroppo per i possessori) è stato ridimensionato.

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(Articolo già pubblicato su carta  -qualsiasi riproduzione anche parziale è vietata - © S.F.1997)