La Ducati Indiana nasce alla metà degli anni '80, quando la Ducati,
spinta dal rinnovamento ispirato dai nuovi proprietari Cagiva, allarga la
propria gamma di modelli, invadendo nicchie di mercato fino ad allora ignote.
La nuova gestione infatti punta al rilancio dell'Azienda, da troppo tempo
"confinata" nel segmento delle supersportive, sfruttando i validissimi
motori desmodromici, opportunamente rivisti, per dare vita a motociclette che
possano incontrare i favori di un mercato più esteso.
Nascono così dapprima le Cagiva Alazzurra, in pratica le vecchie Ducati TL
riviste in senso più turistico (ma ancora molto legate ai modelli di origine) e
poi, sull'onda dell'imperante moda di quegli anni, le Elephant, grosse enduro
anch'esse commercializzate col marchio della Casa di Schiranna.
Da una costola delle Elephant, di cui condividono molte parti ad iniziare del
telaio, nascono poi le Indiana, commercializzate stavolta con il marchio Ducati,
ben più noto sul mercato internazionale al quale si rivolgevano.
Presentate inizialmente al Salone EICMA di Milano del 1985, come prototipo nella
cilindrata 750, escono sul mercato con motorizzazione 350 e 650 nel corso del
1986, mentre per la 750 bisognerà attendere lo sviluppo del propulsore, che sarà
disponibile soltanto nel corso del 1987.
La linea è da custom all'europea, simile alle Guzzi e Morini contemporanee ma
anche alle custom giapponesi dei primi anni '80, non esagerata e caratterizzata
dal piccolo serbatoio a goccia, dal sellone a due piani sfalsati, dall'ampio
manubrio a corna di bue e dalla slanciata forcella, cui si contrappone un
retrotreno massiccio, dominato dal poderoso forcellone in alluminio e dalla
ruotona da 15"
Rispetto alle concorrenti italiane e giapponesi si distingue per le prestazioni
dei motori, che nell'ambito delle rispettive cilindrate sono al top della
catagoria, specialmente nel valore più importante per un custom, la ripresa,
davvero poderosa.
Altrettanto superiore alle concorrenti per quanto riguarda la guida, il telaio
è molto rigido, la frenata sicura, la forcella nonostante la lunghezza è
sufficientemente rigida e la gommatura è da sportiva.
Tutto ciò contribuisce a rendere la moto molto divertente sia in città, dove
si disimpegna molto bene, che sulle strade extraurbane, specie di montagna, dove
permette di tenere un buon ritmo, e se ben condotta anche di dare filo da
torcere a mezzi di estrazione ben più sportiveggiante.
Meno valida in autostrada, dove patisce soprattutto la mancanza totale di
protezione aerodinamica, è comunque in grado di assecondare anche il turista di
medio-lungo raggio, che dovrà avere soltanto l'accortezza di fare il pieno ogni
100km circa per evitare brutte sorprese.
Ancor valida e ricercata, soprattutto perchè costruita in numeri esigui ma
venduta in tutto il mondo, è stata compresa poco al momento della
commercializzazione, quando arrivò in anticipo sul boom delle moto custom,
mentre è stata apprezzata in seguito, dopo che la Casa (con lungimiranza degna
di un corso su come NON fare marketing) l'aveva tolta di produzione giusto un
momento prima del boom di custom degli anni '90
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